Definita da Giovanni Pascoli “il pane dei romagnoli”, la piadina è un piatto povero della tradizione emiliana che ha saputo affermarsi nel mondo per la sua bontà e la sua genuinità.
Le sue origini risalgono addirittura all’epoca romana, dove veniva cotta sulle tegole. La piadina non è altro che un pane azzimo, ovvero non lievitato, presente anche in diverse forme. Tante sono le varianti rispetto alla versione classica; tra queste ricordiamo la tigella modenese, il pintuleddu, la farinata, la pita dei Balcani e la yufka turca.
L’impasto non lievitato nasce dall’esigenza di riempire in fretta la pancia del popolo, in un periodo in cui il cibo non era disponibile in abbondanza.
La piadina romagnola tradizionale si prepara sul testo, una padella realizzata artigianalmente, che viene poi posta su un focolare.
Può essere consumata sia calda, che fredda, imbottita con salumi, formaggi o anche dolce, con miele, crema di nocciole o marmellata.
L’impasto tradizionale prevede l’impiego di acqua (o latte), farina e sale, con l’aggiunta di olio oppure strutto. Dopo aver suddiviso l’impasto in piccole pagnottelle, ognuna di esse va stesa col mattarello e lavorata sino ad assumere una forma circolare. Infine, si stende il tutto sul testo molto caldo per la cottura.
La piadina romagnola è stata marchiata dalla Comunità Europea come IGP (prodotto a Indicazione Geografica Protetta) – dopo anni di battaglie da parte del Consorzio di Promozione e Tutela della Piadina Romagnola IGP – con una produzione annuale che supera le 60 mila tonnellate e un fatturato vicino ai 30 milioni di euro. Il 70% della produzione totale avviene in Emilia Romagna.
Oggi, è una pietanza molto apprezzata anche all’estero, e si sta diffondendo in fretta, conquistando anche il mercato statunitense.
Su Google, la ricetta della piadina romagnola è tra le più ricercate nel web: un risultato a dir poco straordinario per la regina dello street food nazionale.